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Procedimento disciplinare di stato. Aggiornamenti

2020-06-27 00:04

Avv. Christian Petrina

Procedimenti Disciplinari,

Procedimento disciplinare di stato. Aggiornamenti

Il diritto di difesa, previsto dall’art. 21 Cost., è riferito ai procedimenti innanzi ad una Autorità Giudiziaria, ma non può invocarsi nell’ambito de

 

Il diritto di difesa, previsto dall’art. 21 Cost., è riferito ai procedimenti innanzi ad una Autorità Giudiziaria, ma non può invocarsi nell’ambito dei procedimenti disciplinari, anche se occorre considerare che dal 20 febbraio 2020 l’art. 1 lett. dd) del D.Lgs. n. 173 del 27.12.2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5.2.2020, è stata introdotta la possibilità per l’avvocato “civile” di assistere il militare inquisito nei procedimenti di stato qualora questi voglia aggiungere al difensore militare, sempre necessario, un avvocato del libero foro.

La norma di riferimento è l’art. 1370 n. 3 bis c.o.m..

Analoga disposizione non è stata però prevista per i procedimenti disciplinari di corpo per i quali, con le modalità ed i limiti sopra accennati il difensore civile potrà intervenire, indirettamente, solo limitatamente ad alcune fasi preliminari.

 

Vediamo i termini dell’azione disciplinare.

Nel caso di promovimento a seguito di grave illecito disciplinare la contestazione deve avvenire entro 60 gg dalla conclusione degli accertamenti preliminari e si estingue se trascorrono 90 giorni senza compimento di attività.

Nel caso, invece, di procedimento avviato in seguito a procedimento penale, il termine per la comunicazione di avvio sarà di 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto integrale conoscenza del provvedimento penale e si dovrà concludere entro 270 giorni decorrenti sempre dalla conoscenza del provvedimento.

Attenzione che la pubblicazione della sentenza non integra di per sé la presunzione di conoscenza del provvedimento, ma solo la sua conoscibilità[1].

Interessante evidenziare che non è normativamente previsto alcun obbligo per il cittadino di notificare o comunicare la sentenza alla Pubblica Amministrazione; tuttavia, in capo al militare vige un preciso obbligo in tal senso ai sensi dell’art. 748, comma 5, lett.b) DPR 90/2010 in relazione a tutti i fatti che possono avere riflessi sul servizio.

Come anticipato, l’art. 1370 c.o.m. sancisce che per tutti i procedimenti disciplinari, eccezion fatta per quelli di corpo per i quali vuole applicarsi una sanzione diversa dalla consegna di rigore, l’accusato sia assistito da un difensore militare.

Il difensore militare può essere scelto anche tra gli appartenenti ad un diverso ente o forza armata dell’inquisito e, se questi non è in grado di indicarne alcuno, ne verrà nominato uno d’ufficio che, salvo legittimo impedimento, non potrà rifiutare l’incarico.

Il militare potrà comunque nominarne uno successivamente, ma gli atti compiuti da quello d’ufficio, anche se revocato, rimarranno validi.

Resta ferma la possibilità di rinunziare alla difesa con atto formale che viene messo agli atti e, in ogni caso, il difensore nominato, per assumere tale ruolo, deve accettare la nomina.

Il difensore militare non può chiedere alcun compenso, non può essere punito per fatti legati all’espletamento del mandato ed è vincolato al segreto d’ufficio.

Una volta nominato il difensore, le comunicazioni potranno essere eseguite o a questi o all’inquisito, fermo restando che nel primo caso, si avrà per data la comunicazione anche al secondo.

Il procedimento inizia con la fase degli accertamenti preliminari disposti dal comando di corpo che sia venuto a conoscenza di comportamenti gravi che, astrattamente, possono condurre alla lesione dell’immagine dell’amministrazione, ma non integranti fattispecie di reato.

Sono gli accertamenti necessari a comprendere i vari aspetti della condotta per la sua successiva valutazione sul piano disciplinare.

Questa prima fase preistruttoria, infatti, può dar luogo ad esiti differenti che dipendono da come potrà inquadrarsi il comportamento in esame.

Se sarà una violazione di lieve entità allora si aprirà e concluderà un procedimento disciplinare di corpo, mentre se sarà una violazione un po' più grave per la quale non necessitano accertamenti istruttori particolari si aprirà e chiuderà un procedimento di corpo però finalizzato all’applicazione di una consegna di rigore.

Nel caso di violazioni ancora più gravi, si aprirà un procedimento di stato.

Possiamo genericamente affermare che, solitamente, il procedimento di stato viene avviato in presenza di un procedimento penale, sia esso concluso o meno.

Qui si pone una problematica in relazione al principio del ne bis in idem che vieta la doppia sanzione per il medesimo fatto storico, principio che origina dal diritto internazionale.

In effetti, un militare condannato in via penale che riceva anche una sanzione di stato, quindi amministrativa, viene di fatto punito due volte in violazione di tale regola.

Quindi si può affermare che una sanzione di stato, conseguenza di una sanzione penale, sia sempre illegittima?

In effetti, occorre valutare se la sanzione di stato possa integrare una risposta valida ai fini del ne bis in idem, sottolineando subito che secondo la Giurisprudenza europea[2] non vale la forma penale o meno della sanzione, ma la sua sostanza, nel senso che una punizione che rivesta una forma prettamente amministrativa, ma nel concreto abbia i caratteri di una sanzione penale quanto a natura ed elevato grado di severità potrebbe considerarsi tale.

Quindi, il principio sarà violato tutte le volte in cui una sanzione amministrativa, per struttura e finalità proprie, si riveli un biasimo penale.

A questo punto appare chiaro che una sanzione di stato, in questi casi, rivestirà i caratteri di una sanzione penale e quindi per non violare il principio del ne bis in idem, rimanendo anche nei confini dei principi costituzionali, occorre abbandonare la prassi del c.d. automatismo sanzionatorio.

Non potrà quindi aversi una motivazione della sanzione disciplinare che sia una mera riproduzione della motivazione penale.

Un lavoro preliminare, ma importante, sarà quello del comandante e del pubblico ministero che dovranno inquadrare il fatto nel diverso contesto, penale e disciplinare, al momento di formulare l’imputazione.

Ad esempio, un militare nei cui confronti venga emesso un decreto penale di condanna ad una ammenda di 30 euro per l’art. 712 c.p. in relazione a fatti commessi lontano dal luogo di servizio e senza qualificarsi mai come militare, non potrà essere sanzionato anche disciplinarmente perché ciò violerebbe il ne bis in idem.

Ipotesi diversa nel caso in cui il militare, ritenuto colpevole, ma non punibile per particolare tenuità del fatto, venga prosciolto ai sensi dell’art. 131 bis c.p. dal reato di disobbedienza, potendo, in tal caso, essere punito legittimamente.

Così come anche nel caso di una pronuncia di intervenuta prescrizione sarà esperibile un procedimento disciplinare in quanto non si avrà, comunque, una assoluzione nel merito.

Ma anche nel caso di una sentenza assolutoria occorre che la formula sia piena ed escluda la commissione del fatto o la sua sussistenza. Saranno pienamente liberatorie le pronunce ex art. 530 c.p.p. “per non aver commesso il fatto, perché il fatto non sussiste”, mentre quella “perché il fatto non costituisce reato” escludendo solo la sussistenza dell’elemento soggettivo e non anche l’imputabilità della condotta contestata all’imputato non sempre escluderà la possibilità di promuovere un procedimento disciplinare come anche ed a maggior ragione, come abbiamo visto, nei casi di non punibilità.

Vediamo nel dettaglio il procedimento disciplinare di stato che nel gergo militare viene definito “inchiesta formale”.

Può essere proposta da una delle autorità indicate negli artt. 1377 e 1378 c.o.m.

Inizia con la nomina di un ufficiale inquirente che sarà anche il responsabile del procedimento ex art. 6 L.241/1990, e con la contestazione degli addebiti con la quale l’inquisito viene invitato a presentarsi in una data e luogo indicati, al fine di visionare gli atti ed estrarne copia e per essere sentito alla presenza del difensore, oltre ad essere avvisato che avrà un termine di giorni dieci dalla visione degli atti entro cui potrà presentare giustificazioni e documenti, chiedere la produzione di atti o fare istanza di indagini o chiedere l’esame di persone, anche civili, indicando i punti oggetto di investigazione o le domande.

Può anche chiedere una sospensione del procedimento disciplinare.

Al termine di questa prima fase l’inquirente, se non dovesse ritenere necessario un supplemento istruttorio, redigerà una relazione riepilogativa dell’inchiesta formale, senza esprimere pareri, ma limitandosi ad elencare tutto il materiale raccolto, motivando su eventuali richieste difensive respinte ed inviterà nuovamente l’inquisito a prendere visione degli atti ed a presentare, per iscritto, entro dieci giorni dalla visione degli atti e della relazione riepilogativa, propri scritti difensivi finali.

Infine, redige una relazione finale che trasmetterà all’Autorità procedente insieme al fascicolo, dove dichiarerà se ritiene gli addebiti fondati o non fondati, motivando sul punto, ma non potrà avanzare alcuna proposta in merito alla decisione finale del procedimento disciplinare. Trasmetterà quindi tutto il fascicolo all’autorità che ha disposto l’inchiesta tramite protocollazione elettronica.

Importante ricordare che la relazione finale non fa parte degli atti d’inchiesta e non verrà, pertanto, indicizzata con questi e non sarà visionata né dall’inquisito né dal suo difensore.

Se dopo la relazione finale emergono nuovi elementi, l’inquisito potrà avanzare istanza e l’autorità procedente, dopo averli esaminati, deciderà se riaprire o meno l’inchiesta.

Ricevuto il plico da parte dell’inquirente, l’autorità che ha promosso il procedimento deve formulare la sua proposta per la Direzione Generale per il personale militare.

A voler essere più precisi, ai sensi dell’art. 1377, comma 2 c.o.m., le autorità che hanno disposto l’inchiesta formale, in base alle risultanze della stessa:

- se ritengono che al militare debba o meno essere inflitta una delle sanzioni disciplinari indicate nell’ articolo 1357, comma 1, lettere a) e b), ne fanno proposta al Ministro della difesa[3];

- se invece ritengono che al militare possano essere inflitte le sanzioni disciplinari indicate all’articolo 1357, comma 1, lettere c) e d)[4] ne ordinano il deferimento a una commissione di disciplina.

Ricordiamo che, sempre ai sensi dell’art. 1377 c.o.m., il Ministro della difesa può:

 1. in ogni caso e nei confronti di qualsiasi militare, ordinare direttamente una inchiesta formale.

 2.  disporre, all’esito dell’inchiesta formale, il deferimento del militare a una commissione di disciplina.

 Importante evidenziare che la medesima norma, al comma 5, prevede anche che per gli ufficiali l’accettazione delle dimissioni dal grado estingue l’azione disciplinare, se non è stata in precedenza disposta la sospensione precauzionale.

La commissione di disciplina, in base anche a quanto abbiamo visto quando si è parlato di applicazione analogica finalizzata all’esclusione dei soggetti da nominare quali ufficiali inquirenti, è composta, secondo i dettami dell’art. 1380 c.o.m. e ss. che prevede che:

 

1. La commissione di disciplina è formata di volta in volta, in relazione al grado rivestito dal giudicando, dall’autorità che ha disposto l’inchiesta formale.

2. Quando l’inchiesta formale è disposta dal Ministro della difesa, la commissione di disciplina è formata da uno dei comandanti militari indicati dall’articolo 1378, designato dal Ministro stesso; se il giudicando è ufficiale generale o colonnello alla composizione della commissione provvede il Ministro della difesa.

3. Non possono far parte della commissione di disciplina:

a) gli ufficiali che sono Ministri o Sottosegretari di Stato in carica;

b) il Capo di Stato maggiore della difesa, i Capi e i Sottocapi di Stato maggiore dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare, gli ufficiali generali o ammiragli addetti allo Stato maggiore della difesa, agli Stati maggiori dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare, il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri;

c) gli ufficiali addetti alla Presidenza della Repubblica;

d) gli ufficiali che prestano servizio al Ministero della difesa in qualità di Segretario generale, Direttore generale, Capo di Gabinetto, e gli ufficiali addetti al Gabinetto del Ministro o alle segreterie del Ministro e dei Sottosegretari di Stato o alle dirette dipendenze dei Segretari generali;

e)  i militari frequentatori dei corsi presso gli istituti militari;

f) i parenti e gli affini tra loro sino al terzo grado incluso;

g) l’offeso o il danneggiato e i parenti o affini del giudicando, dell’offeso o danneggiato, sino al quarto grado incluso;

h) i superiori gerarchici alle cui dipendenze il militare ha prestato servizio allorché ha commesso i fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare, o alle cui dipendenze il giudicando si trova alla data di convocazione della commissione di disciplina, se non si tratta di generale di Corpo d’armata e gradi corrispondenti;

i) l’ufficiale che ha presentato rapporti o eseguito indagini sui fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare o che per ufficio ha dato parere in merito o che per ufficio tratta questioni inerenti allo stato, all’avanzamento e alla disciplina del personale;

l) gli ufficiali che in qualsiasi modo hanno avuto parte in un precedente giudizio penale o commissione di disciplina per lo stesso fatto ovvero sono stati sentiti come testimoni nella questione disciplinare di cui trattasi;

m) l’ufficiale sottoposto a procedimento penale o a procedimento disciplinare di Stato.

 

L’art. 1387 c.o.m., si occupa invece della convocazione della commissione di disciplina e così recita:

 

1. La commissione di disciplina è convocata dall’autorità che l’ha formata.

2. Detta autorità dà comunicazione scritta dell’avvenuta convocazione al militare inquisito o al suo difensore e trasmette, contemporaneamente, ai componenti della commissione l’ordine di convocazione e al presidente gli atti dell’inchiesta, tra i quali sono comprese le eventuali difese scritte dal giudicando.

3. La commissione di disciplina si riunisce nel luogo indicato nell’ordine di convocazione.

4. Il presidente, dopo avere esaminato gli atti, redige dichiarazione in tal senso, invita quindi gli altri membri a fare altrettanto.

5. Redatta la dichiarazione scritta di cui al comma 4 e ricevute le dichiarazioni scritte degli altri membri della commissione, il presidente fissa, il giorno e l’ora della riunione e invita per iscritto, almeno venti giorni prima, il militare sottoposto alla commissione di presentarsi, con l’avvertenza che:

a) egli ha facoltà di intervenirvi, con l’assistenza di un ufficiale difensore, per svolgere oralmente le proprie difese e di far pervenire alla commissione, almeno cinque giorni prima della seduta, eventuali scritti o memorie difensive;

b) se alla data stabilita non si presenterà né farà constatare di essere legittimamente impedito, si procederà in sua assenza.

 

L’art. 1388 c.o.m. delinea, invece, il procedimento davanti la commissione di disciplina, stabilendo che:

 

1. Aperta la seduta, il presidente richiama l’attenzione dei membri della commissione sull’importanza dei giudizi che sono chiamati a esprimere; avvisa, inoltre, che devono astenersi, nel chiedere chiarimenti, dal fare apprezzamenti.

2. Fa introdurre quindi il militare ed il difensore, se presente, e:

a) legge l’ordine di convocazione;

b) legge le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, la parte propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale;

c) fa leggere dal segretario la relazione riepilogativa;

d) chiede se i membri della commissione o il giudicando e l’ufficiale difensore desiderano che sia letto qualsiasi atto dell’inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura.

3. Il presidente e i membri della commissione previa autorizzazione del presidente possono chiedere al militare chiarimenti sui fatti a lui addebitati.

4. Il giudicando può presentare una memoria, preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa e può produrre eventuali nuovi documenti. Se non intende valersi di dette facoltà ne rilascia dichiarazione scritta.

5. La memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti della commissione e allegati agli atti.

6. Il giudicando, se presente, è ammesso a esporre, anche a mezzo dell’ufficiale difensore, le ragioni a difesa.

7. Il presidente chiede al giudicando, se presente, se ha altro da aggiungere.

8. Udite le ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente fa ritirare il militare.

9. La commissione, se ritiene di non poter esprimere, il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all’autorità che ha ordinato la convocazione, precisando i punti sui quali giudica necessarie nuove indagini.

10. Non verificandosi l’ipotesi di cui al comma 9, il presidente mette alternativamente ai voti i seguenti quesiti:

a) il… è meritevole di conservare il grado?

b) il … è meritevole di permanere in ferma o rafferma?

11. La votazione si svolge con modalità tali da garantire la segretezza del voto di ciascun membro. Il giudizio della commissione è espresso a maggioranza assoluta e non è motivato.

12. Il segretario compila subito il verbale della seduta col giudizio della commissione; il verbale è letto e firmato dai componenti della commissione.

13. Il presidente scioglie la commissione e trasmette gli atti direttamente al Ministero della difesa.

14. I componenti della commissione sono vincolati al segreto di ufficio.

 

Il competente Ufficio del Ministero della Difesa è la Direzione Generale per il personale Militare -Divisione Disciplina.

Detto questo, deve evidenziarsi che il Ministro della difesa, per ragioni umanitarie, può discostarsi dal giudizio della Commissione di disciplina, a favore del militare, ma, se ritiene, per gravi ragioni di opportunità, che deve essere inflitta la perdita del grado per rimozione o la cessazione dalla ferma o rafferma, ordina, per una sola volta, la convocazione di una diversa commissione di disciplina ed il relativo e susseguente procedimento dovrà concludersi entro 90 giorni[5].

Tale termine, tuttavia, non va computato in quello dei 270 giorni complessivi per la conclusione del procedimento disciplinare di stato, in quanto riferito ad un procedimento suppletivo.

L’art. 1386 c.o.m., prevede alcuni casi in cui il militare inquisito può proporre istanza scritta di ricusazione, entro due giorni dalla data in cui gli viene comunicata la convocazione della commissione di disciplina, fino ad un massimo di uno o due membri se questa è composta, rispettivamente, da tre o cinque componenti.

 

[1] V. Consiglio di Stato, Sez.VI 9 novembre 2011, n. 5914/2011;

[2] CEDU, Engel ed altri c. Olanda nn. 5100/71, 5101/71, 5102/71, 5354/72, 5370/72.

[3] Rispettivamente sospensione disciplinare dall’impiego da uno a dodici mesi e, per lo stesso periodo, sospensione disciplinare dalle funzioni del grado.

[4] Rispettivamente, cessazione della ferma o della rafferma e perdita del grado per rimozione.

[5] V. art. 1389, lettera b) c.o.m.;

 

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