PATTEGGIAMENTO E PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Cosa succede nel caso in cui il militare imputato decida di concordare la pena con l’accusa tramite il proprio difensore?
fino a pochi mesi fa, ciò comportava, seppur dopo una formale contestazione degli addebiti, una conseguenziale punizione in sede disciplinare in quanto l’amministrazione, dovendo valutare la sussistenza del fatto e la commissione dello stesso da parte del militare inquisito, elementi questi insiti, di fatto, in una sentenza di patteggiamento, poteva ritenere automaticamente sussistente la responsabilità in sede disciplinare.
in seguito alla riforma cartabia il comma 1 bis dell’art. 445 c.p.p. sancisce che: “La sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile”.
Quindi, l’amministrazione non potrà più applicare una sanzione disciplinare in modo automatico, dovendo, invece, svolgere una dovuta ed adeguata istruttoria, eventualmente anche sulla base del fascicolo delle indagini preliminari ed, ovviamente, degli elementi difensivi evidenziati dall’inquisito.
in ogni caso, patteggiare la pena, anche se non comporta più come in passato “automatiche” conseguenze disciplinari, deve essere sempre vista come una soluzione estrema da adottare solo quando si e’ certi di subire una condanna anche a seguito di dibattimento penale. infatti, l’accertamento dei fatti e della responsabilità in sede disciplinare del militare non garantisce le stesse garanzie procedurali di un processo penale, soprattutto nel caso di procedimento disciplinare di corpo dove non e ‘ancora prevista la figura dell’avvocato del libero foro come , invece, è prevista nei procedimenti di stato.
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