La richiesta del Comandante di Corpo.
L’art. 260 c.p.m.p., dopo aver preveduto al primo comma una serie di reati per cui è necessaria, ai fini della procedibilità dell’azione penale, la richiesta del Ministro, prevede, al secondo comma, che per i reati per i quali la legge prevede la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a mesi sei e per quello previsto dal n. 2 dell’art. 171[1], quale condizione di procedibilità è prevista la richiesta del comandante di corpo o di altro ente superiore da cui dipende il militare colpevole.
Per i militari non appartenenti all’Esercito al comandante è sostituito il comandante corrispondente della forza armata di appartenenza.
La pena che deve considerarsi a tal fine è quella edittale, senza tenere conto di eventuali aumenti o diminuzioni dovuti a circostanze aggravanti od attenuanti, tranne che siano ad effetto speciale ai sensi dell’art. 63 c.p..
Nel caso in cui i militari siano più di uno ed appartengano a corpi diverse o forze armate diverse, la richiesta dovrà pervenire dal comandante del corpo al quale appartiene il militare più elevato in grado o, se vi è parità di grado, quello più anziano[2].
Deve essere proposta, nei casi previsti dal secondo e terzo comma, entro un mese dal giorno in cui l’autorità ha avuto notizia del fatto che costituisce reato.
Secondo la dottrina è sufficiente che la notizia sia arrivata all’ufficio del comandante, essendo irrilevante l’effettiva conoscenza.
Nel caso si utilizzi il mezzo postale, si considererà la data di invio.
Tale termine si computa secondo il calendario comune[3]per unità di tempo intera, portando il giorno di scadenza nello stesso giorno del mese di arrivo rispetto a quello di partenza. Qualora nel mese manchi il giorno corrispondente si considererà l’ultimo giorno del mese di partenza.
Utile e doveroso sottolineare che, ai sensi dell’ultimo comma, n.2, se vi sono più colpevoli ed alcuno di essi non è militare, solo nei casi di cui al primo e secondo comma, la richiesta si estende anche ai concorrenti estranei alle forze armate, così come nel caso in cui i concorrenti siano militari.
La richiesta di procedimento è un atto discrezionale, irrevocabile, non delegabile quanto ad emissione e sottoscrizione, non necessita di motivazione ed è, pur dovendosi redigere e formalizzare per iscritto, libera nella forma purché si evinca dal corpo della stessa che il sottoscrivente abbia la volontà che si instauri un procedimento penale per il fatto ivi indicato.
Nel caso di trasferimento del militare in pendenza del termine per proporre la richiesta, tale potere si trasferisce al comandante di corpo del reparto in cui il militare colpevole è stato spostato, tranne che si tratti di aggregazione provvisoria.
Importante ricordare che necessita di sottoscrizione per cui non è ammessa forma equipollente come, ad es. un fonogramma.
Vi è discordanza giurisprudenziale nel ritenere se entro i trenta giorni debba essere non solo emessa, ma anche trasmessa al competente ufficio giudiziario.
Pertanto, possiamo qualificare la richiesta suddetta nel novero delle notizie di reato.
Concludiamo ricordando che non esiste alcun reato militare punibile a querela.
La querela, infatti, nella legge comune, è una condizione di procedibilità per alcuni reati (es. diffamazione), che è cosa diversa dalla denuncia che è la segnalazione di un fatto di reato che, invece, è già procedibile di ufficio.
[1] Nei casi quindi di particolare tenuità del danno nei reati di cui agli artt. 168 e 169 c.p.m.p.
[2] La Corte costituzionale ha dichiarato, con sent. 449/1991 l’incostituzionalità del comma 2 dell’art. 220 cpmp nella parte in cui non prevede che i reati ivi previsti siano puniti a richiesta del comandante di altro ente, nella ipotesi in cui il comandante del corpo di appartenenza del militare colpevole sia la persona offesa dalla condotta contestata.
[3] Artt. 172, c.2e3c.p.p. in analogia col disposto dell’art. 2963, c.5 c.c.;